Domande frequenti: Cosa succede con il feto dopo un aborto?

Cosa succede ai bimbi che vengono abortiti?

Ciò che accade al bambino dopo un aborto dipende dal momento della gravidanza e dal metodo di aborto utilizzato. Inoltre è determinato da come il personale medico gestisce il caso o come la donna affronta la situazione (ad esempio, se una parte dell'aborto viene eseguita a casa, come nel caso di quello farmacologico con la RU486).

Forse ti stai ponendo queste domande in vista di un aborto programmato, o magari ti trovi a riflettere su di esse nel momento stesso... È possibile che tu sia completamente sola in questo momento e che il tema ti tocchi profondamente. Tuttavia, è un segno di coraggio e di sincera ricerca di una risposta che possa davvero aiutarti a stare meglio il fatto che tu stia riflettendo su questa questione.

D’altra parte però, vogliamo avvertirti che le informazioni che seguono potrebbero essere molto impattanti sulla tua decisione finale! Perciò sarebbe bene riflettere con cautela come queste informazioni potrebbero influire sulle tue scelte…


Aborto chirurgico
In un aborto chirurgico (entro i 90 giorni di gestazione equivalenti a 12 settimane + 6 giorni, calcolata dal primo giorno dell'ultima mestruazione), l'embrione (questo è il termine utilizzato per definire il bambino nei primi due mesi e mezzo di gravidanza) viene rimosso dall’utero tramite aspirazione o raschiamento. Entrambi i metodi ne causano la morte.
I resti del bambino, a seconda della regione e delle leggi locali e delle politiche della clinica, in mancanza della richiesta di sepoltura da parte dei parenti, possono essere:

  • raccolti e seppelliti da altre associazioni
  • smaltiti insieme ai rifiuti biologici della clinica

Aborto farmacologico
In un aborto farmacologico (fino alla 9a settimana di gravidanza o 63 giorni di gestazione, calcolata dal primo giorno dell'ultima mestruazione), l'embrione e il resto del materiale vengono espulsi dopo l'assunzione del secondo farmaco che provoca le contrazioni. In questa fase della gravidanza potrebbe accadere che la donna riesca a riconoscere l'embrione. Molte donne si trovano sole in questa situazione e spetta a loro decidere cosa fare con l'embrione e se desiderano seppellirlo.
Alcune donne, ad esempio, decidono di seppellirlo in un luogo speciale dove potranno in seguito ritornare a visitarlo.

Esiste la possibilità di registrare un figlio all’anagrafe o di seppellirlo ufficialmente?

In Italia, la sepoltura dei bambini nati morti o deceduti prima della nascita è regolata dalla legge e viene suddivisa in tre principali categorie, in base all'età gestazionale:

  • prima della 20ª settimana di gestazione, la sepoltura è facoltativa e può essere richiesta dai genitori o da altri soggetti interessati. La richiesta deve essere presentata entro 24 ore dall’espulsione del feto, ma possibilmente prima dell'espulsione o estrazione del feto, al medico e all’ostetrica comunicando di voler seppellire il figlio. In assenza di una richiesta di sepoltura, vengono trattati come un rifiuto sanitario pericoloso a rischio infettivo. È prevista la termodistruzione, come indicato dalle norme sui rifiuti sanitari.
  • dalla 20 fino alla 28 settimana di gestazione e non registrati come „nati morti“, i genitori hanno 24 ore di tempo per occuparsi personalmente della sepoltura presentando una domanda alla unità sanitaria locale, trascorso questo tempo il procedimento sarà a carico dell’ASL, che rilascia i permessi per il trasporto e il seppellimento.
  • dalla 28 settimana di gestazione o di più, vengono definiti dalla legge „nati morti“ (oltre 28 settimane di gestazione) e vengono registrati dall’ufficiale dello stato civile come „nato morto“. In questo caso la sepoltura è obbligatoria.

Le stesse normative valgono anche in caso di un ITG (interruzione terapeutica di gravidanza).

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